Villa Marchese de’ Fabris, è un’incantevole villa affascinante e accogliente, circondata dalla verde campagna goriziana e dai suoi rigogliosi vigneti. Offre uno splendido colpo d’occhio al visitatore per rapire il suo sguardo e portarlo in una dimensione rarefatta, ricca di suggestioni e di eleganza. Il giardino all’italiana avvolge il visitatore con i suoi alberi secolari, i roseti e la fontana centrale. Di fronte, il corpo centrale impreziosito da una doppia scala in pietra e attorno gli edifici della proprietà con a fianco la cappella consacrata intitolata a S. Antonio con altare ligneo di fattura ungherese completa gli spazi a vista.
Sotto la scala un ampio porticato firmato dal celebre architetto triestino Ruggero Berlam (1854 – 1920), che ospita un mosaico con lo stemma di famiglia. Con due portoni speculari, uno dal giardino e l’altro dall’ingresso stradale accoglie i visitatori con le sue 4 colonne, 4 porte e un androne che ospita una scala che raggiunge il Salone delle Feste al primo piano.
Il Salone delle feste, raggiungibile anche dalla doppia scalinata esterna dal giardino ha le pareti decorate in gradazioni di rosa antico impreziosite da stucchi bianchi con un originale quadro raffigurante il Re di Polonia, omaggio di Ottavio de’ Fabris al regnante per il titolo di Marchese.
Le finestre sono abbellite da eleganti tende. Adiacente al salone delle feste, la sala del caminetto e la sala biblioteca.
Adiacente alla limonaia e al corpo centrale della villa, la cappella è ancora oggi consacrata e può essere utilizzata per cerimonie.
Semplice e raccolta, ha un altare ligneo risalente ai primi anni del 1900 di fattura ungherese. Il soffitto è decorato con preziosi stucchi bianchi e disegni in oro e il pavimento in seminato veneziano grigio, con i banchi in legno, rendono l’ambiente particolarmente accogliente e adatto per cerimonie fino a 20-25 partecipanti all’interno.
La storia di Villa Marchese de’ Fabris
La famiglia de’ Fabris, originaria della Carnia e già nel XVI secolo iscritta fra i nobili di Tolmezzo, vide in questo secolo uno dei suoi membri trasferirsi a Udine e successivamente acquisire terre nel monfalconese; qui Ottavio de’ Fabris, alla fine del Seicento, passò ad abitare stabilmente a Begliano, costruendosi un palazzo. Ottavio de’ Fabris fu elevato al grado di marchese nel 1673 per volontà del re Michele I di Polonia, e il titolo venne trasmesso a tutti i suoi discendenti fino all’ultimo marchese, Angelo de’ Fabris (1854-1939), che fu promotore di un significativo restauro della villa, a fine Ottocento, nelle forme che ebbe a mantenere fino ai giorni d’oggi, come risulta dalle fotografie del primo Novecento.
Un ramo della famiglia si trasferì da Begliano a Pirano d’Istria nel Settecento, dove acquisì terreni a Sezza, Salvore e Portorose (celebre la villa neoclassica costruita dai de’ Fabris a Portorose in località San Lorenzo), e dove si imparentò con la famiglia Ventrella, che, alla morte del marchese Angelo, privo di discendenti, nel 1939, entrò in possesso della villa di Begliano.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, persi tutti i terreni e le case in Istria, i Ventrella (l’avvocato Giuseppe Ventrella e soprattutto, dopo la sua tragica scomparsa nel 1946, la sorella Livia, fino al 2006) si trasferirono a Begliano e amministrarono con grande dedizione le terre del monfalconese. Tornando alla storia della villa, troviamo, in concomitanza con la ristrutturazione promossa da Angelo de Fabris verso il 1880, un Progetto per la riforma della villa del marchese Fabris a Begliano firmato dal celebre architetto triestino Ruggero Berlam (1854-1920), un progetto che prevedeva, oltre alla realizzazione di giardini e stagni, alcuni edifici in stile neogotico da affiancare alla villa secentesca, ma che non venne mai realizzato.
Allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale, la villa venne purtroppo a trovarsi sulla linea del fronte dell’Isonzo; nell’ottobre del 1915 l’edificio venne quasi completamente distrutto, perdendo tutti gli arredi interni, e nel 1916 ricostruito velocemente dall’Esercito Italiano, che ne fece un ospedale militare. Dopo la disfatta di Caporetto, nell’ottobre del 1917, e fino alla conclusione della guerra, dunque per un intero anno, la villa venne utilizzata dall’esercito austroungarico sempre come ospedale militare, come risulta da una iscrizione sull’altare ligneo della cappella della villa, che ricorda come l’Imperiale e Regio ospedale di riserva di Csáktornya (attuale Cakovec) venne trasferito dall’Ungheria a Begliano, dove rimase a disposizione dei feriti del Piave.
La villa è stata anche sede dell’Asilo delle suore negli anni 50-60. Nel corso del tempo la sua struttura ha subito diverse mutazioni fino a quella attuale, con numerose sale, un salone delle feste, una cantina molto ampia, un prezioso sottoportico, la chiesetta consacrata, un ampio giardino davanti e un giardino all’italiana sul retro, adiacente a un vigneto.